L’acre odore dei lacrimogeni mi era entrato prepotentemente dentro ai polmoni originando una tosse quasi convulsa provocata dal bruciore che mi stava togliendo il fiato. Gli occhi, che immaginavo irti di piccole linee sanguigne che solcavano il bianco delle pupille, avevano iniziato a lacrimare.
A tracolla avevo la fida borsa di Tolfa dove, oltre ad un pacchetto di MS e i cerini, erano custoditi vari altri oggetti tra i quali una biro, un pennarello Pentel Pen di colore rosso, una catena di bicicletta sulla quale avevo legato una sorta di impugnatura di cuoio per poterla afferrare per farla roteare. Le due molotov, preparate nel pomeriggio precedente alla manifestazione utilizzando le tipiche bottiglie della birra Peroni, erano avvolte nella mia lunga sciarpa nera che aveva il compito di proteggerle da eventuali urti.
Mi trovavo in una di quelle manifestazioni che incominciano con un classico corteo dove tutti i gruppi extraparlamentari litigano per stare alla loro testa e dove nessuno ama restare relegato alla fine del serpentone a stretto contatto con i mezzi della celere pronti a caricare in caso di scontri.
Non ero molto lontano da dove vivevo con i miei, dal momento che la manifestazione aveva in Piazzale Clodio, sede del Tribunale Penale, il punto di concentrazione delle migliaia di compagni che protestavano contro il processo a tre componenti di Potere Operaio, Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo arrestati con l’accusa di aver dato fuoco al portoncino d’ingresso dell’allora segretario della sezione di Primavalle del MSI causando la morte di due suoi figli che non ebbero modo di fuggire dalle fiamme.
Era il 24 febbraio del 1975 e, come tanti compagni della sinistra extraparlamentare, stavo manifestando ben sapendo che quel giorno ci sarebbero stati degli scontri molto violenti.
Se da una parte c’eravamo noi a dare sostegno ai compagni arrestati, dall’altra c’erano i fascisti delle sezioni di Monte Mario, Primavalle, Ottaviano, Balduina, Vigna Clara, Sommacampagna e via dicendo, che volevano testimoniare la vicinanza al padre dei due ragazzi morti.
In mezzo, più o meno come sempre, corpi di celerini e di carabinieri in tenuta di battaglia con il compito di evitare che fasci e compagni si confrontassero in scontri sanguinosi e messi in preventivo.
Ovviamente come avveniva in quei casi, è difficile dire chi incominciò per primo. Fatto sta che si accese la miccia.

