Ascolto un vecchio LP di Battisti e la memoria si accende rapida. Con un improvviso flashback mi rivedo nei miei primi anni '70 raggiungere l'ITIS Bernini nella sua succursale di via Silvio Pellico. So già che arriveranno i compagni ma solo più tardi. Stamattina, dopo una notte passata sotto acido lisergico, non vedevo l'ora di scappare da casa e ora mi trovo seduto su di una rachitica panchina dal verde scolorito. Sono chino su me stesso con ancora la mente sconvolta e mi basta chiudere gli occhi per precipitare in quell'universo colorato fatto di sogni che i trasformano continuamente senza poter riavvolgere il nastro. Fumo una Gitanes senza filtro ma è come se respirassi aria anche se tossisco un po'.
Mi stringo su me stesso per cercare un calore che non trovo pur chiuso nel mio eskimo ma credo che non sia solo un problema di clima. Il windupen su goccia che mi ha dato Andrea è stato duro da digerire, forse anche più del micropunto verde preso ad un banchetto radicale da un compagno sconosciuto per 500 lire.
Vedo in lontananza arrivare Ghero con il suo passo dinoccolato, anche lui con eskimo e capelli lunghi, trasferito dalla Val di Dentro a Roma insieme alla famiglia. Anche se non siamo nella stessa sezione, posso dire che è un amico speciale e compagno di mille guerriglie. Da lontano sopraggiunge anche Massimino, il gigante buono di LC e poco mi importa che si è messo con Chiara da me silenziosamente amata ma mai corteggiata perché mi vergogno.
Poco a poco arrivano gli altri compagni, Alberto (Stalin) Balduina, Pietro, Gogo, rigatone, l'anarchico Marco e tutti i soliti politicizzati. Con la sua Gilera arriva Piero Vanzi, un compagno del vicino liceo Mamiani che ci avverte che i fasci di Vigna Clara e quelli della Balduina, sicuramente verranno a scontrarsi con qualche istituto o liceo della zona Roma Nord bassa e, quindi, ci dice di stare all'erta.
Nel vicino muretto che divide l'entrata della scuola con la strada c'è tutto il nostro arsenale: stalin, fionde, catene, sbarre di acciaio...e poi ognuno ha qualcosa dentro il suo tascapane. Arrivassero pure, siamo pronti ad accoglierli senza paura.
Il freddo non se ne va e non se ne andrà mai e oggi, a decenni di distanza, continuo ad avvertirlo in me.

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