TEMPUS FUGIT
venerdì 13 dicembre 2024
lunedì 14 ottobre 2024
sabato 12 ottobre 2024
Ascolto un vecchio LP di Battisti e la memoria si accende rapida. Con un improvviso flashback mi rivedo nei miei primi anni '70 raggiungere l'ITIS Bernini nella sua succursale di via Silvio Pellico. So già che arriveranno i compagni ma solo più tardi. Stamattina, dopo una notte passata sotto acido lisergico, non vedevo l'ora di scappare da casa e ora mi trovo seduto su di una rachitica panchina dal verde scolorito. Sono chino su me stesso con ancora la mente sconvolta e mi basta chiudere gli occhi per precipitare in quell'universo colorato fatto di sogni che i trasformano continuamente senza poter riavvolgere il nastro. Fumo una Gitanes senza filtro ma è come se respirassi aria anche se tossisco un po'.
Mi stringo su me stesso per cercare un calore che non trovo pur chiuso nel mio eskimo ma credo che non sia solo un problema di clima. Il windupen su goccia che mi ha dato Andrea è stato duro da digerire, forse anche più del micropunto verde preso ad un banchetto radicale da un compagno sconosciuto per 500 lire.
Vedo in lontananza arrivare Ghero con il suo passo dinoccolato, anche lui con eskimo e capelli lunghi, trasferito dalla Val di Dentro a Roma insieme alla famiglia. Anche se non siamo nella stessa sezione, posso dire che è un amico speciale e compagno di mille guerriglie. Da lontano sopraggiunge anche Massimino, il gigante buono di LC e poco mi importa che si è messo con Chiara da me silenziosamente amata ma mai corteggiata perché mi vergogno.
Poco a poco arrivano gli altri compagni, Alberto (Stalin) Balduina, Pietro, Gogo, rigatone, l'anarchico Marco e tutti i soliti politicizzati. Con la sua Gilera arriva Piero Vanzi, un compagno del vicino liceo Mamiani che ci avverte che i fasci di Vigna Clara e quelli della Balduina, sicuramente verranno a scontrarsi con qualche istituto o liceo della zona Roma Nord bassa e, quindi, ci dice di stare all'erta.
Nel vicino muretto che divide l'entrata della scuola con la strada c'è tutto il nostro arsenale: stalin, fionde, catene, sbarre di acciaio...e poi ognuno ha qualcosa dentro il suo tascapane. Arrivassero pure, siamo pronti ad accoglierli senza paura.
Il freddo non se ne va e non se ne andrà mai e oggi, a decenni di distanza, continuo ad avvertirlo in me.
sabato 22 giugno 2024
1971 un giardinetto qualunque in una zona di Firenze. Una giornata speciale dove giravo per Ponte Vecchio con una grande pagnotta napoletana spaccata e piena di abbondante mortadella che avevamo comprato per il nostro pranzo. Un pullman (meglio sarebbe dire 'torpedone') che da Roma ci aveva condotto proprio nel cuore della rossa Toscana in un periodo che stava vedendo - e avrebbe continuato a vedere- le strade bagnate di sangue frutto di scontri, agguati, repressioni varie.
Riconosco l'inossidabile Massimone, compagno di Lotta Continua che abitava a Valle Aurelia e che frequentava la mia stessa scuola seppur in un'altra sezione. Quel ragazzone alto e grosso che qualche tempo dopo si sarebbe messo con Chiara, la ragazza della quale mi ero perdutamente innamorato e alla quale mai avanzai alcuna proposta.
L'ITIS Bernini, seppur nella succursale di via Silvio Pellico, mi vedeva ogni mattina di fronte alla sua cancellata parlare con compagni di lotta senza fare stupidi distinguo se questi appartenevano a Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Anarchici o cani sciolti. Per tutti la solita ronda antifascista, le riunioni alla sede PDUP di via Pomponazzi che ospitava il Coordinamento delle scuole Roma Nord bassa e che doveva stare attenta alle incursioni del vicino MSI Balduina.
Un secolo fa. Tante vite e fa. Molti cassetti mai aperti o chiusi senza rendersene conto...Brutta la vecchiezza marcata da una fragilità figlia del tempo e mal sopportata.
Fanculo mondo!
mercoledì 22 maggio 2024
VITA IN TRINCEA
L’acre odore dei lacrimogeni mi era entrato prepotentemente dentro ai polmoni originando una tosse quasi convulsa provocata dal bruciore che mi stava togliendo il fiato. Gli occhi, che immaginavo irti di piccole linee sanguigne che solcavano il bianco delle pupille, avevano iniziato a lacrimare.
A tracolla avevo la fida borsa di Tolfa dove, oltre ad un pacchetto di MS e i cerini, erano custoditi vari altri oggetti tra i quali una biro, un pennarello Pentel Pen di colore rosso, una catena di bicicletta sulla quale avevo legato una sorta di impugnatura di cuoio per poterla afferrare per farla roteare. Le due molotov, preparate nel pomeriggio precedente alla manifestazione utilizzando le tipiche bottiglie della birra Peroni, erano avvolte nella mia lunga sciarpa nera che aveva il compito di proteggerle da eventuali urti.
Mi trovavo in una di quelle manifestazioni che incominciano con un classico corteo dove tutti i gruppi extraparlamentari litigano per stare alla loro testa e dove nessuno ama restare relegato alla fine del serpentone a stretto contatto con i mezzi della celere pronti a caricare in caso di scontri.
Non ero molto lontano da dove vivevo con i miei, dal momento che la manifestazione aveva in Piazzale Clodio, sede del Tribunale Penale, il punto di concentrazione delle migliaia di compagni che protestavano contro il processo a tre componenti di Potere Operaio, Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo arrestati con l’accusa di aver dato fuoco al portoncino d’ingresso dell’allora segretario della sezione di Primavalle del MSI causando la morte di due suoi figli che non ebbero modo di fuggire dalle fiamme.
Era il 24 febbraio del 1975 e, come tanti compagni della sinistra extraparlamentare, stavo manifestando ben sapendo che quel giorno ci sarebbero stati degli scontri molto violenti.
Se da una parte c’eravamo noi a dare sostegno ai compagni arrestati, dall’altra c’erano i fascisti delle sezioni di Monte Mario, Primavalle, Ottaviano, Balduina, Vigna Clara, Sommacampagna e via dicendo, che volevano testimoniare la vicinanza al padre dei due ragazzi morti.
In mezzo, più o meno come sempre, corpi di celerini e di carabinieri in tenuta di battaglia con il compito di evitare che fasci e compagni si confrontassero in scontri sanguinosi e messi in preventivo.
Ovviamente come avveniva in quei casi, è difficile dire chi incominciò per primo. Fatto sta che si accese la miccia.
UNA VITA IN BIANCO E NERO
So esattamente che sono malato di
nostalgia. Ma non quella ‘canaglia’ cantata da Albano e Romina,
ma quella che spesso maledice il tempo che passa inesorabile e
crudele. Quel bastardo elemento che mi ha privato prima della
fanciullezza, poi della pubertà, infine della giovinezza.
Mi
ritrovo ad aver oltrepassato i 66 e sempre di più si riaffacciano
ricordi di persone che non ci sono più e di epoche oramai smarrite
per sempre.
E’ come se sentissi il leif motiv del pianoforte di
Lelio Luttazzi che suona ‘Vecchia America’ facendomi rivivere un
tempo dove l’unico canale televisivo era ben delineato da un
palinsesto immobile che prevedeva il film al lunedì, lo sport il
mercoledì, il quiz il giovedì, l’approfondimento il venerdì e il
varietà il sabato sera. Quella tv che si doveva accendere prima
aprendo il condensatore e, una volta riscaldato, girare la manopola
per azionare la scatola magica che iniziava a trasmettere non prima
delle 17 la tv dei ragazzi…’Giovanna la nonna del corsaro nero’
con il mozzo Nicolino, ‘Chi sa chi lo sa’di Febo Conti, ‘I
forti di forte Coraggio’ con Rin tin tin come star e via dicendo.
Erano gli anni sessanta che videro l’arrivo della Nutella che
veniva venduta a dentro delle scatoline monoporzione che prevedevano
un cucchiaino di plastica per spalmarla sul pane; la carne Simmenthal
che si apriva con la chiavetta che spesso si rompeva lasciandoti di
stucco senza sapere come risolvere il problema che ti si era creato;
le bustine di Idrolitina che mettevi dentro la bottiglia riempita di
acqua del rubinetto per avere l’illusione di bere una più preziosa
acqua minerale ma con lo scopo di non sentire il cloro che imperava
per eliminare i microbi; i pupazzi gonfiabili che vincevi
raccogliendo i punti di formaggi e dadi per il brodo e che,
soffiandoci dentro si trasformavano nella mucca Carolina o Susanna
tutta panna ma anche Riccardone e Svanitella, attori di Caroselli che
erano veri e propri film d’autore se paragonati con gli spot di
oggi. Erano i sessanta che un rampante Gianni Minà avrebbe
magnificato vent’anni più tardi quelli che si ascoltavano alla
radio rigorosamente a transistor giapponese e che emanava le note di
un giovane Giorgio Gaber ancora non alle prese con il suo ‘signor
G’ cantare di Cerutti Gino e di una Milano nebbiosa dove anche la
malavita era quasi onesta; oppure un raro Bindi con il suo
‘Concerto’.
Anni nei quali viveva il Natale dei bar allestiti
a festa con piramidi di panettoni Motta o Alemagna e torroni e
Panforti che si confondevano con il profumo del caffè appena
fatto.
Erano gli anni dove la benzina costava quasi nulla e non
esistevano gli autovelox. Le auto erano dotate del deflettore che
oggi è solo un ricordo. E dove per un viaggio di pochi chilometri ci
si attrezzava con tanto di cartina stradale comprata alla stazione di
rifornimento dal momento che il GPS era tutto da venire ed i Tomtom
non erano neppure nella nostra immaginazione.
Per gli amanti, il
calcio lo si giocava solo di domenica e si attendevano i risultati
incollati alla radiolina, aggiornandosi con ‘Tutto il calcio minuto
per minuto’ sperando che la squadra del cuore, avesse vinto. Un
tempo nel quale non c’erano le finanziarie, ne gli home banking e
per comprare qualcosa a rate vedevi i tuoi genitori firmare una
sequenza infinita di solide cambiali che amorevolmente loro
chiamavano ‘farfalle’. Sapevi bene che c’erano i partiti
politici che erano connessi con gli ideali e i fronti erano
esattamente delineati e non c’era ne confusione e neppure il
disfattismo imperante di oggi anche se i politici sicuramente erano
privilegiati e ben corrotti dal potere per il quale lavoravano.
C’era
meno delinquenza e c’era la speranza: tutti potevano sognare il
primo premio della lotteria Italia oppure di centrale il 13 al
totocalcio. C’era chi duramente emigrava da un povero e degradato
sud verso il nord dove, comunque si sarebbe radicato anche a costo di
sacrifici, lasciando la terra natia che avrebbe ritrovato solo
andando in pensione oppure per le vacanze estive. Ma si lavorava e
non ci si ammazzava per una cartella esattoriale di Equitalia. Si
avevano degli obiettivi da raggiungere per migliorare il proprio
tenore di vita e un capofamiglia da solo poteva mantenere moglie e
due figli, risparmiando pure qualche lira che avrebbe trasformato in
un buono fruttifero postale perché era meglio fare come la
formichina. Era un Italia dell’essere e non dell’apparire e il
Grande Fratello ed i talk show non potevano neppure essere supposti e
se, per qualche rarissima combinazione, si veniva intervistati dalla
tv, si arrossiva balbettando.
E dopo i sessanta ecco i settanta della
contestazione dove si moriva sul selciato per un ideale. Si fumava
erba per sentirsi alternativi. Si scappava di casa per sentirsi vivi
ed utili a se stessi. Ma erano anche gli anni delle trasformazioni,
delle prime radio libere e delle tv via cavo che davano un certo
senso di indipendenza da un monopolio Rai che aveva evidenziato la
suddivisione dell’informazione a favore dei partiti di sempre.
Le
speranze del decennio precedente sfumavano un pochino per via
dell’austerity dove cittadini entusiasti di faticare con bici o a
piedi, si riappropriavano delle strade almeno un giorno alla
settimana.
Appena in tempo per vivere i rampanti ottanta, gli anni
da bere dove non essere yuppi era quasi un dramma. Anni d’oro per i
magheggioni della politica che vivevano di soldi facili che
facilmente distribuivano in una teoria di ruscelli che inondavano
quasi tutta la popolazione che godeva di luce riflessa.
Ecchissenefrega se poi qualcuno avrebbe subito le conseguenze qualche
decennio dopo…nel frattempo si viaggiava in BMW, si andava in
vacanza in Kenya oppure in Brasile, per essere e sentirsi edonisti a
tutto spiano.
Se ne sono andati anche i novanta ed il
nuovo millennio è incominciato con la paura del mille e non più
mille e del bug tecnologico che non c’è stato. E da allora ne sono
passati altri quattordici di anni…e come direbbe Vasco, ‘E stiamo
ancora qui’ ma a leccarmi le ferite indelebili tra dolori di cuore
e di testa e dove la ruga in più non è il problema che invece è
rappresentato dall’appiattimento degli interessi e degli stimoli e
di una mente che sempre più si sente estranea ad un mondo di social
e gps, di cinguettii e profili che svelano pure quando e dove e come
e cosa stai mangiando.
Vedo tristemente persone che si
interfacciano solo in modo virtuale, con un click, con un twit, con
una serie di pixel e rimpiango quando si prendeva l’autobus per
andare dagli amici a fare casino, dividendosi una fotografia per la
quale si era attesa una settimana prima di riaverla stampata dallo
sviluppo…
Cartoline di altri tempi.
Di una vita in bianco e
nero.
giovedì 26 gennaio 2023
QUANDO SI AVEVANO CORAGGIO, IDEALI E SOGNI
lunedì 13 giugno 2022
giovedì 19 settembre 2019
Aveva un nome particolare Silly ed un cognome ancor più strano che iniziava con la X.
Frequentava un istituto professionale per il turismo ed era la compagna di classe di un'altra studentessa che faceva un breve tirocinio nell'agenzia dove lavoravo.
Delicati lineamenti quasi nordici. Capelli tagliati alla maschietta biondo camomilla. Un corpicino perfetto. Un sorriso che risvegliava i raggi di sole anche in una giornata piena di quel particolare smog romano che trovi solo al centro di Roma.
Dalla grande finestra al primo piano riuscivo a vedere i resti romani di Largo Argentina e a pranzo passeggiavo tra il Pantheon e Piazza di Pietra per allungarmi al Corso e magari a Fontana di Trevi.
Le malinconiche note di un Ivan Graziani che mi risvegliava la dolcezza, mi inseguivano sin dalla prima mattina, dalla cassetta che infilavo nell'autoradio della mia BMW 1602 color vinaccia fino a destinazione: Corso Vittorio Emanuele II.
Non c'era la ZTL. Dovevi trovare solo il parcheggio magari a Piazza del Gesù dove stazionava sempre un cellulare della PS a guardia della DC.
Era autunno inoltrato e l'ufficio era desolatamente vuoto. L'IBM muta, il telex che ogni tanto riceveva comunicazioni provenienti da chissà dove, il telefono a due linee posato sopra alla scrivania piena di fogli e cartelline d'ogni tipo.
Poi arrivò lei. I jeans cuciti addosso, disegnavano il suo corpo ben proporzionato che avrebbe risvegliato la virilità di ogni uomo.
Ma ciò che colpiva era il suo sguardo e quella luce inconfondibile che lo caratterizzava.
Labbra perfette e tanta voglia di trasgredire.
Silly si fece stringere con passione ricambiandola generosamente.
Mani che frugano clandestine. Odore di Patchouli e sigaretta.
Il pavimento di linoleum celeste al posto di un inesistente talamo pronto ad ospitare i desideri di due individui oramai smarriti nel desiderio...
Oblio
M i c r o C o s m o cercasi
respiro affannoso
cercavo di riprendere il filo dell'esistenza convinto di trovarlo facilmente
ma non mi rendevo conto che era come un trip di acido lisergico dove smarrisci quella sensazione che viene ingurgitata da un'altra che ti coinvolge più della precedente facendoti scivolare in un vortice psicadelico che si trasforma in un loop sempre differente.
Sentivo l'anima e vivevo l'amore nella stessa misura di come il mio spirito macerava nella melma della nostalgia che viveva in un malinconico flashback di visi un tempo amici o volti amati anche solo per tre minuti prima che sparissero nel vuoto cosmico lasciandomi solo una flebile traccia del loro passaggio.
Dovevo andare ma il tempo si stava riducendo e di questo me ne davo conto quando mi vedevo allo specchio e alla mattina quando mi alzavo dal letto privo di quell'energia che caratterizza la giovane età.
Un altro viaggio
martedì 8 gennaio 2019
"Fino alla fine del mondo", sussurrai dolcemente al mio cervello nella speranza che raccogliesse quello strano invito.Era forse...no, non era possibile decifrare segnali così imperfetti che neppure sapevo da dove provenivano.
Ero io. Solo. Partecipe del dolore.
Stop!
A riA C'era il '72 e il progressive rock cercava un modo per emergere. Gruppi ai quali non interessava il grande pubblico ma solam...
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A volte mi piaceva paragonarla ad una striscia d’asfalto da percorrere ancora. Poi, neppure fosse il satori a Parigi di kerouakiana me...
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1978 "Madonna, che caldo!" esclamai disteso sopra di un letto rovente. Un manifesto pubblicizza una corrida del famosa El Cor...








