giovedì 31 agosto 2017

1972

Immerso nelle commedie di Ibsen camminavo, pensando alla illogicità del potere. Le mie discussioni con Mario rendevano impotente Marina a seguirci. Il potere me lo sentivo dentro, ne ero partecipe mio malgrado. Oppure, assistendo ad uno spettacolo sperimentale, mistificavo i suoni e le parole. Tutto si ricollegava alla dualità della vita. Ricordo molto bene quelle strette vie di Trastevere. Sento ancora l'eco dei passi, delle voci, dei rumori. Vedo ancora, i volti della gente che mi circondava, I semafori così luminosi regolamentavano il passaggio delle macchine. La sera mi avvolgeva nel suo candido manto. Vivevo! Lo sentivo...sentivo il mio cuore battere dentro al mio petto. vedevo le gambe che camminavano sulla strada. Vedevo i miei occhi che cercavano una risposta ai perchè della mia mente. Accesi un'altra sigaretta ed aspirai avidamente...meditai. 
Mi dissi che avrei potuto fare a meno di fumare, dissi che la mia mente poteva farlo. Dissi anche che il mio corpo non poteva rinunciare in quanto vittima di assuefazione. Trasportai il discorso della sigaretta a tutte le altre manifestazioni della vita. Si, noi potremo fare qualsiasi cosa al di fuori della società ma siamo assuefatti da certi moduli. Sganciarsi dal modulo prestabilito vuol dire essere libero; vuol dire accorgersi della solitudine; vuol dire essere 'diverso'.
La nostra società è troppo incatramata per rendersi conto di cosa stia facendo, di dove stia andando...alzai le spalle e continuai a camminare. Le vetrine dei negozi rapivano la mia attenzione. Insegne pubblicitarie, scritte al neon ebbero la meglio, a lungo andare, sui miei pensieri: fui facile preda del consumismo. Parlai ancora con il mio amico sul ruolo del potere, senza giungere ad un punto di incontro. Marina, intanto, era rapita dai suoi sogni, L'autobus mi ricondusse nei pressi della mia abitazione: ero finalmente arrivato. La mia casa mi apparve squallida, come sempre. Mi spogliai e mi misi subito a letto. Ero spossato, forse dai miei pensieri, dai miei sogni...chissà. Quella notte non sognai. 

La mattina mi colse presto. Uscii immediatamente e mi riversai sulla strada. Un altro giorno era passato, uno nuovo cominciava allora. Decisamente pensai alla positività del fatto. Che bello avere nuovi giorni a disposizione. Mi dette l'impressione di una fresca fonte, in un assolato pomeriggio d'estate. Poter bere avidamente e ristorarsi con calma e serenità. Ma i miei discorsi positivi sull'esistenza, si fermarono di colpo...vidi un cane steso sull'asfalto, morto. Un vertice di rumori riempì la mia mente. Sentii musiche, imprecazioni, distorsioni, voci, grida. Pensai alla continuità del discorso. Vidi volti, strade, colori, pensieri. Toccai le impressioni della gente schiacciata su di un tram. Vidi i colori euforici di un corteo di studenti: bandiere rosse, striscioni, profusione di luci ed apatia. Vidi dall'altra parte il muro della polizia. Vidi lacrimogeni, brutalità, miseria. Vidi gente terrorizzata correre ed inciampare. Sentii la mia gola seccarsi...mi mancava l'aria. Impazzito mi misi a correre, inciampai e mi rialzai faticosamente. Non so come, in quel momento, pensai a Guevara e vidi il suo fiero volto. Poi tutto scomparve. Mi ritrovai a via del Corso, ero di nuovo in vita. La gente guardava le vetrine senza immaginare cosa stava accadendo a pochi isolati di distanza. Quella non fu l'unica volta in cui pensai al probelam della comunicabilità. Altri motivi mi furono forniti da molti conoscenti in periodi differenti della mia vita.

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