Eppure i presupposti non erano lontanamente preventivabili. Al contrario. Probabilmente all’epoca, se si facevano scommesse circa la durata del mio matrimonio, non sarebbe stata cosa tanto indicibile.
Ma quel ragazzotto pieno di illusioni e sogni, ereditati dal ceppo materno senz’altro più fragile e meno concreto di quello del papà, cullava ancora idee di purezza che facevano vedere il mondo ed il futuro come un improbabile caleidoscopio pieno di colori. E si che quel giovane allora militare di leva e con addosso una bronchite da far spavento, su quell’altare vestito di un antiquato abito blu notte, a tutto avrebbe pensato mesi prima fuorché a sposarsi. Neanche da dire che erano nozze riparatrici, avendo combinato apposta il guaio dopo averlo dichiarato prima che accadesse.
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| con Rinaldo e Gabriele in Val di Susa durante la fuga da casa (gennaio '72) |
Lui, proprio lui che era scappato di casa per incompatibilità con il padre padrone. E che aveva vissuto drammatiche ore ed appassiti giorni, sognando l’autodeterminazione delle scelte che non gli furono mai consentite. E per quella somma di malinconie che divennero motivi, aveva a suo tempo scelto che non avrebbe mai generato, per non avere la possibilità di sbagliare per un amore paterno. Proprio come il di lui padre, aveva fatto in precedenza. Non voleva, quel ragazzo, far soffrire nessuno. Meno che mai chi avrebbe creato.
Ma l’amore rende ciechi e, come sacrificio che si offre a dimostrazione del proprio amore, divenne padre, regalando alla sua futura sposa il frutto della sua devozione.
Troppo giovani. Troppo diversi. Addirittura opposti. Questo è quanto si pensava da ogni parte. Gli amici. I parenti.
Coppia destinata a fallire prima di subito. E con un figlio in arrivo.
Teoricamente, ma anche praticamente, tutti avevano ragione. Ogni elemento si coniugava armonicamente: nessuna esperienza da parte di entrambi. Ancora il servizio militare da assolvere. Un lavoro da trovare in seguito. Una famiglia da mantenere facendo affidamento solo ai rispettivi genitori che vedevano nei loro figli, qualcosa che stava sfuggendo di mano. Aldo e Aurora sarebbero venuti meno alla vita di prima per comporne una loro e con un figlio sulle spalle.
E quello che non pensi possibile, poi si realizza. E il tempo passa veloce. E’ un soffio che sparisce non appena ti sfiora. Sfiora la bellezza, la gioventù, la salute, i sogni.
Si dirà che è un fatto incontrovertibile, che è la vita… che sono cicli che si ripetono.
Si mischiano ricordi che fanno assaporare e rivivere emozioni irreversibili che sono più amare che dolci. La nostalgia si accumula in un pianto mai sfogato che viene relegato a semplice detonatore di dolore. Dolore per chi non c’è più, dolore per ricordi che si sbiadiscono nel tempo e nell’incuria del presente già passato. Dolore per cose che non potranno essere vissute da nessuno e neppure da noi.
Si miscela quell’armonia caotica che si forma con i ricordi di cose passate, di vicende vissute, di paure oramai tanto remote che neppure si pensano più tali.
Troppo angoscioso il futuro che futuro non è. Solo l’illusione di un percorso ancora da fare ma che si conosce fin troppo bene per averlo vissuto di riflesso nella vita di coloro che ci hanno già lasciato.
Esempi di genitori che parevano eterni ma che adesso riposano in un cimitero. E le loro preziose cose, da quelle realmente di valore a quelle che rappresentavano solo per loro un valore, vendute o regalate o buttate via perché non ritenute importanti.
Sapere che piccoli grandi oggetti, che rappresentavano feticci intoccabili saranno un domani considerati semplici impicci o cianfrusaglie da vendere, esemplifica realisticamente la caducità della vita. Ognuno di noi reputa importante, essenziale, utile, o prezioso un oggetto, un bene, una qualsiasi piccola cosa che ai nostri occhi diventa così significativa ma che, una volta morti noi, tornerà ad essere un semplice oggetto che se non conserva quel valore intrinseco riconosciuto universalmente, sarà considerata dai più solo quello che realmente è in modo oggettivo.
E le nostre vite fatte di piccole cose, sono parallele alle stesse: importanti per noi finché in vita; vane per coloro che resteranno dopo di noi.
Forse un fiore, un sorriso amaro, un ricordo, un aneddoto…ma poi la vita seguiterà limitatamente ad un tempo prefissato per coloro che rimarranno mentre per chi, già se n’è andato da questa terrena dimensione, tutto questo sarà solo spazio vuoto.
Si potrebbe aprire la disamina se esiste qualcosa dopo la vita. Per lo meno, vita intesa a come la intendiamo noi: esattamente la vita terrena e materiale. Quella nella quale inconsapevolmente iniziamo a vivere come atto d’amore (o di superficialità) da parte dei nostri genitori. Ma ne varrebbe la pena di perdersi tra i meandri delle ipotesi come già sviluppato da filosofi, teorici di ogni razza e religione e tutti coloro che hanno cercato di porsi delle domande?
Sarebbe perdere tempo. Sarebbe speculare su teorie già esaminate e che sono senza riprova materiale. Resterebbe solo un improbo esercizio senza nessun costrutto.
Tempus fugit!

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